Si valutò la scelta di acquistare una via Crucis di pregio, in sostituzione di quella precedente in gesso, in occasione dei lavori di ristrutturazione e ampliamento della chiesa. In quegli anni, la Commissione Lavori pensò inizialmente a una Via Crucis a mosaico, poi a un'altra di bronzo dorato. Non soddisfacendo tuttavia le possibili soluzioni, lo stesso parroco si rivolse allo scultore veronese Novello Finotti, richiedendo due formelle di prova. Esposte in chiesa, le due stazioni ottennero l'unanime approvazione da parte della comunità e il via libera all'intera esecuzione, che si protrasse tra la fine del 1991 e l'inizio del 1992.
L'inaugurazione e la benedizione di tutte le lastre marmoree avvenne il Venerdì Santo del 1994.
In chiesa le dodici formelle della Via Crucis di Novello Finotti adornano le pareti della navata centrale. Suddivise in quattro terzine, collocate a un'altezza, appena al di sopra delle teste dei fedeli, sono numerate con cifre in caratteri romani e dotate di uno specifico impianto di illuminazione con faretti al led. Ogni formella, realizzata in bianco statuario, il blocco più pregiato del marmo di Carrara, dalla consistenza più diafana, quasi trasparente, sono scolpite in bassorilievo: ognuna ha forma quadrangolare, con misure costanti nell'altezza di 90 cm, variabili nella lunghezza, estesa tra i 72 e i 78 cm.
L'artista Finotti scolpì le dodici stazioni non in ordine di episodi, ma secondo la personale ispirazione, alimentata sia dall'attenta lettura e meditazione dei brani evangelici, sia dal dialogo con la Commissione Lavori. All'assemblea cosi venne consegnata non solo una splendida opera d'arte, ma anche un racconto leggibile e spiritualmente molto coinvolgente.
Il percorso della Via Crucis inizia con l'Orazione nell'orto degli olivi e si conclude con Gesù nel sepolcro, confluendo nella XIII stazione, Cristo che risorge, raffigurata invece nella vetrata artistica realizzata in facciata, su disegno dell'architetto Lorenzo Rosa Fauzza.
Analizzando il corpus marmoreo delle formelle emerge la capacità espressiva dello scultore veronese di rappresentare la dignità, divina e umana, di Gesù Cristo che, in mezzo alla ferocia dei suoi carnefici, accetta senza alcuna ribellione la sua dolorosa e atroce condanna. Nonostante la pesante sofferenza che lo colpisce, Gesù non accusa e non si adira, anzi accoglie e perdona, come per esempio nella formella dell'arresto, in cui Cristo abbraccia con tenerezza Giuda, raffigurato triste e consunto nel suo atto malvagio e traditore. Così come crudele e feroce patos si coglie nelle figure dei flagellatori o negli altri personaggi "cattivi", rappresentati in alcuni casi addirittura senza volto, perché non hanno mai visto la Luce. Di forte suggestione anche le scene principali della Passione: negli episodi di Gesù sulla croce e di Gesù nel sepolcro, la figura di Cristo, unica protagonista della scena, è colta nell'estremo momento della morte, in solitudine.
© testi e immagini tratti da: A. Zorzanello, Il patrimonio artistico parrocchiale in "La Parrocchia del Sacro Cuore di Gesù in Verona. 1933 -2013", a cura di Anna Zorzanello
Gesù nell'orto degli ulivi: anche la natura partecipa al dolore di Cristo. Gli alberi, coi loro rami rabbiosamente contorti, raffigurano l'intenso dramma della solitudine e della sofferenza del Figlio di Dio. E’ l'unica formella in cui Cristo non occupa il centro della scena nella sua posizione; più alta rispetto al piano in cui sono raffigurati gli apostoli, egli appare in completo isolamento, solo nel dialogo con il Padre. Intense le figure degli apostoli: se da un lato quello di destra raffigura il totale abbandono nel sonno, dall'altro l'assopito apostolo, per la posizione delle braccia sul capo diventa prefigurazione del dramma dell'imminente Passione.
Gesù è tradito da Giuda e arrestato: in questo episodio colpisce l'abbraccio di Gesù e l'abbandono in esso di Giuda, come se la scena volesse trasmettere, più che il tradimento, il perdono e l'accoglienza, ricordando l'abbraccio del Padre al figliol prodigo. Le due figure si stagliano in solitudine in primo piano, solo il leggero sfondo sta a ricordare il dramma che seguirà a breve.
Gesù è flagellato e coronato di spine: la suddivisione della scena attraverso linee verticali e orizzontali pare delineare due piani diversi: da un lato la ferocia dell'uomo, tanta è la rabbia insita nei due flagellatori rappresentati nell'atto di caricare il colpo prima di abbattersi sul Cristo, dall'altro la magnanimità di Gesù che, inquadrato nella verticalità della composizione, rientra in una dimensione che tende verso l'alto, non verso il basso, come quella degli uomini. Gesù non sembra da altri legato alla colonna, ma la abbraccia con dolcezza: le sue mani e il suo sguardo trasmettono un sentimento di accettazione.
Gesù è condannato a morte: Pilato è in alto, sopra i gradini sul trono: è un vero giudice compreso della sua maestà, il Cristo invece lo vediamo in docile abbandono. Qual è la vera giustizia? Gesù sembra inchinarsi e arrendersi di fronte alla giustizia umana di Ponzio Pilato; ma nel simbolo dell'aureola, raffigurata solo in questo caso intorno al capo di Cristo, si concentra tutta la grandezza della natura divina.
Gesù cade sotto la croce: in questa formella Gesù si carica del peso degli uomini, schiacciato non soltanto dal legno della croce, ma anche dal piede dell'uomo che lo accompagna. La salita al calvario è lenta, difficoltosa: il terreno tutto a gradini spezzati sottolinea il duro affanno. I due corpi contratti e sofferenti esprimono bene il dramma della crocifissione.
Gesù incontra sua madre: profondo e intenso il gesto di Gesù, pieno di consolazione. Egli sembra voler risparmiare a sua madre questo dolore, ma il viso e le grandi mani di Maria esprimono un dolore incontenibile, sovrumano. I soldati restano in secondo piano, estranei a questo incontro.
Il Cireneo aiuta Gesù a portare la croce: nel riquadro colpisce la cattiveria degli uomini, rappresentata dal soldato che lega Gesù; è la stessa ferocia riscontrata nei due flagellatori, alla quale Gesù sottostà senza alcuna ribellione. Il Cireneo invece, forte della sua maturità, si accolla con leggerezza il peso della croce.
Gesù è spogliato: l'accettazione di ciò che gli sta accadendo è intensamente presente sul volto di Cristo; la posizione delle braccia aperte sottintende uno stato di completo abbandono, mentre ancora una volta è sottolineata la ferocia degli uomini, negli sguardi dilatati di coloro che gli stanno strappando la veste.
Gesù è confitto sulla croce: i corpi dei soldati, tesi, quasi contorti nella muscolatura nello sforzo di inchiodare e legare il Salvatore, stride con l'espressione abbandonata del Cristo che, a terra, subisce dolorosamente l'affissione alla croce.
Gesù muore in croce: l'istante della morte di Gesù è rappresentato dalla centralità e dall'isolamento di Cristo. La formella mette in risalto la solitudine della morte: non la madre né le donne ai piedi di Gesù morto, non l'apostolo Giovanni né Giuseppe d’Arimatea. Non c'è nessuno. Cristo è appeso, solo, morto. Mentre il suo viso esprime abbandono alla volontà del Padre, il corpo contorto, quello di un giovane sfinito e disidratato, rivela la sofferenza avvenuta (il modello di terracotta di questa formella si conserva in parrocchia, nella sala rossa).
Gesù è deposto dalla croce: in primo piano, Gesù nell'abbandono della morte: il corpo molle e privo di vita viene calato dall'alto della croce. Nella tristezza del lutto, la madre, precedentemente incontrata sulla via del calvario, pare non farcela ad accogliere tra le braccia il Figlio, lo accarezza per l'ultimo saluto. In alto a destra, è pronta la sepoltura: sembra che anche Cristo diventi solo terra, solo polvere.
Gesù è posto nel sepolcro: la nuda pietra, bianca e splendente culla, accoglie Gesù. Dio veglia su di lui. La formella, eseguita con un bassorilievo molto fine, si rifà alla pratica ebraica di scavare il sepolcro nella roccia.