5a domenica del TO.B
Introduzione alle letture
Prima lettura
{modal html=
La vita è un duro servizio
1 L'uomo non compie forse un duro servizio sulla terra
e i suoi giorni non sono come quelli d'un mercenario?
2Come lo schiavo sospira l'ombra
e come il mercenario aspetta il suo salario,
3così a me sono toccati mesi d'illusione
e notti di affanno mi sono state assegnate.
4Se mi corico dico: «Quando mi alzerò?».
La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all'alba.
6I miei giorni scorrono più veloci d'una spola,
svaniscono senza un filo di speranza.
7Ricòrdati che un soffio è la mia vita:
il mio occhio non rivedrà più il bene.
|title=Prima lettura - Gb 7,1-4.6-7}Gb 7,1-4.6-7(brano){/modal}
Notti di affanno mi sono state assegnate.
Giobbe è forse il testo più alto che la rivelazione biblica ci offre sul mistero del male e di Dio, tra loro «scandalosamente» intrecciati nella storia. Il senso ultimo del libro è quello di approdare a Dio passando attraverso la strada drammatica della sofferenza. Giobbe attraverso la via oscura del dolore diventa il modello del credente che ama il vero Dio in sé e per sé, senza ulteriori motivazioni. Le sue parole rifiutano le facili formule che la teologia tradizionale, incarnata negli amici, gli offre: egli non si riconosce peccatore e quindi non vede la validità della teoria della retribuzione secondo la quale chi soffre è sempre e necessariamente peccatore. Egli non accetta di concepire Dio in uno schema di pensiero umano: Dio stesso deve svelarsi nel suo agire. Il Signore accetta di comparire davanti al tribunale di Giobbe rivelandosi come egli è, non riducibile alle categorie della sapienza mortale. In questa superiore logica anche il dolore ha una collocazione che la logica umana rifiuta o non ritiene possibile.
Seconda lettura
{modal html=
16Infatti annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!17Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato. 18Qual è dunque la mia ricompensa? Quella di annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il diritto conferitomi dal Vangelo.
19Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero: 22Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. 23Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch'io.
|title=Seconda lettura - 1Cor 9,16-19.22-23}1Cor 9,16-19.22-23(brano){/modal}
Guai a me se non annuncio il Vangelo.
Paolo celebra il primato dell’azione divina: Dio è entrato per primo nella sua esistenza sconvolgendola. Egli si sente «impugnato» (Fil 3,12) da Cristo come una spada per l’annunzio dell’evangelo. Alla radice c’è, quindi, solo la grazia divina. Nella lettera ai Romani, citando un passo di Isaia, l’apostolo ribadirà questo principio fondamentale dell’esperienza cristiana: «Io sono stato trovato anche da quelli che non mi cercavano» (Rm 10,20; cfr. Is 65,1). Proprio perché alla sorgente c’è la grazia, Paolo non può che donarsi gratuitamente, consacrandosi totalmente ai fratelli senza riserve. La finale del brano dipinge in modo molto intenso la consacrazione dell’apostolo a tutti, mosso e sostenuto dallo spirito e dall’amore di Dio.
VANGELO
{modal html=
Gesù guarisce e predica
29E subito, usciti dalla sinagoga, andarono nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. 30La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. 31Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
32Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. 33Tutta la città era riunita davanti alla porta. 34Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
35Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. 36Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. 37Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». 38Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». 39E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.
|title=Vangelo - Mc 1,29-39}Mc 1,29-39(brano){/modal}
Guarì molti che erano affetti da varie malattie.
Gesù rifiuta la «pubblicità» creatasi attorno ai suoi miracoli, ritirandosi nel deserto a pregare. I miracoli che egli compie non vogliono essere una «prova» che giustifica il credere: essi servono piuttosto a indicare il mistero che è celato nel Cristo (il cosiddetto «segreto messianico» di Marco). Credere, allora, non sarà soltanto isolare una definizione esatta di Gesù come sanno fare anche i demòni, ma aderire alla sua persona mettendosi nella sua logica, la via della croce. Per questo l’atteggiamento vero della fede è incarnato dalla suocera di Pietro che, guarita dal suo male, si dispone a «servire» Gesù e i fratelli (v. 31).
©testi da Messale Festivo-EDIZIONI SAN PAOLO